Il merlo maschio

Karicla era una donna quarantenne, impiegata dirigente, a Roma, di una importante Assicurazione nazionale, proveniente da Pallagorio in provincia di Crotone, piccolo centro della Sila albanese; lo stesso nome ricordava la lingua arbereshe, caratteristica delle zone occupate dalle popolazioni albanesi italiane.

Karicla, laureata in Economia e Commercio, dopo brevi esperienze lavorative, aveva partecipato a un Concorso nazionale, per concorrere a occupare un posto dirigenziale presso una importante Assicurazione; le domande presentate furono più di duemila, i partecipanti settecento, la vincitrice Karicla. Non voleva crederci, rimase due ore davanti al grande quadro che riportava la graduatoria e leggeva e rileggeva, ma il primo nome, quello del vincitore, era proprio il suo! Karicla era una donna poco appariscente, quasi bruttina e non faceva nulla per migliorare il suo aspetto. Quando andava in ufficio si rendeva conto, senza darlo a vedere, che, soprattutto le colleghe, ridevano di nascosto sia per il vestire che per il poco trucco o per un trucco sbagliato e alquanto pesante e primitivo. I colleghi maschi, poi, cercavano di evitarla, se potevano; sentiva il peso della solitudine soprattutto nei giorni festivi, quando tutti avevano una famiglia in cui rifugiarsi, riposare o festeggiare e lei era sola; cercava, allora, di uscire, di camminare per le strade più belle e più ricche di negozi, ma, in mezzo a tanta gente, la sua solitudine si acuiva e ritornava, nella solitudine della sua casa, stanca e più scura nel cuore e nel volto. Una notte dormì poco, tanti erano i pensieri che affollavano la sua mente, ma, appena mattina, prese una decisione mentre si lavava e si preparava per recarsi al lavoro. Tutti la trattavano male? Lei era la dirigente, allora bene, si sarebbe fatta rispettare da dirigente! Non si sarebbe fatta più considerare come la cafoncella proveniente dal profondo Sud. Già da quella mattina redarguì in malo modo il portiere. “Ricordati che io sono un tuo superiore e devi salutarmi con il titolo di Dottoressa! Capito?” Poi entrò nel salone grande dove erano messe in fila una cinquantina di scrivanie, e dove c’era il solito schiamazzo mattutino. Andò su tutte le furie e gridò a tutti di alzarsi in piedi. “Miei cari impiegati, quando entra un vostro superiore voglio che scattiate in piedi e salutiate con rispetto e, se dovessi scorgere qualche sorrisetto sui vostri volti, potrei prendere rimedi estremi, anche terribili!” Karicla quel giorno si sentì meglio, molto meglio. Anche lei era in possesso di qualcosa di cui andare fiera: il potere! C’era chi era bella, chi attraente, chi ammirata e amata, c’era l’uomo “che non doveva chiedere niente”, ma a lei sì, doveva chiedere, come svolgere il lavoro, come poteva recuperare qualche giornata libera, come correggere qualche errore, etc. Ora si era resa conto che era un funzionario importante, una dirigente e se nessuno aveva stima di lei, comunque sapeva come dominare e farsi rispettare nel lavoro. Era diventata acida, più di una bottiglia di aceto invecchiato, non le interessavano più eventuali complimenti e odiava, fino a vendicarsi, di sottaciuti gesti. Abitava nella zona storica di Roma e per raggiungere l’ufficio doveva fiancheggiare per alcune centinaia di metri il fiume Tevere. Quella mattina, era ancora molto presto, decise di scendere da alcune scalette sul greto del fiume e di camminare per poi risalire su quelle scale che erano più avanti. La mattinata era primaverile, faceva anche troppo caldo per essere solo in aprile, ma vicino al fiume proveniva un venticello gradevole, provocato anche dal fluire, piuttosto impetuoso, dell’acqua. Karicla camminava contro corrente e in quella zona i rumori delle auto si attenuavano e si sentiva solo il garrire dei gabbiani, che sfioravano in volo il fiume, e lo scorrere rumoroso dell’acqua. Karicla si sentiva sola, ma stranamente bene; socchiuse gli occhi e immaginò di essere una naufraga in un mondo ostile e ricordò il “rari nantes in gurgite vasto” di virgiliana memoria. Fu in quel momento che sentì un fischio, si svegliò da quell’estasi indotta, e guardò in alto, verso la strada; fu un attimo, ma vide la testa di un uomo che si ritraeva indietro. Quel fischio l’aveva colpita! “Non credo che ci sia qualche uomo che mi abbia fatto un simile complimento!” Ma mentre pensava questo, il fischio si rimanifestò. “Si” pensò “c’è qualcuno che mi segue!” Raggiunse velocemente l’ufficio e passò tutta la mattinata a pensare. “Chi sarà la persona che mi sta seguendo? Devo migliorare, non sono più una provinciale, ora sono cittadina di Roma e sono una dirigente!” Non disse niente di quello che le era successo, ma chiamò la sua segretaria, una ragazza bellissima, dal trucco eccezionale e le fece diverse domande, chiedendole soprattutto dove si vestiva, in quale centro estetico si curava, etc. L’impiegata fu felicissima di mettersi a servizio del suo capo e, dopo qualche giorno, Karicla era irriconoscibile era quasi bella, era sparita la peluria e l’ombra di quei leggeri baffetti, le labbra sembravano carnose e appetibili, gli occhi nerissimi calabresi sembravano fulminare, uscendo da un rosa sfumato della pelle, i capelli erano vaporosi e morbidi, era vestita all’ultima moda, insomma era cambiata! Quella mattina, nel recarsi in ufficio, si sentiva particolarmente bella, rifece lo stesso percorso e, “gaudio magno”, risentì quel meraviglioso fischio e poi lo risentì e ancora una volta. Non ebbe il coraggio di guardare in alto, sì il fischio era rivolto proprio a lei, qualcuno la stava seguendo, qualcuno si era innamorato di lei, sì, ne era sicura, il fischio era come quelli che aveva sentito più volte nel suo paese quando passava davanti a quei tanti ragazzi che, disoccupati, passavano le giornate con i sederi appoggiati al muro della piazzetta. Era felice, il cuore era in sommossa, si sentiva buona. Quando entrò nell’androne del palazzo dov’era situato l’ufficio, il portiere rimase con la bocca spalancata nel vedere quella grande trasformazione e non riuscì nemmeno a salutare, ma Karicla lo salutò lei e, poi, entrò nel salone con il sorriso sulle labbra e ad un impiegato scappò un fischio di ammirazione. L’ambiente si raggelò, ma Karicla, stranamente per gli impiegati, invece del rimprovero ringraziò il fischiatore e chiese a un inserviente di andare a comprare alcune bottiglie di buono champagne, quella mattina si sarebbe brindato al fischio! Le cose cambiarono, Karicla diventò buona e i rapporti con gli impiegati divennero idilliaci, non era più sola, diversi uomini fecero di tutto per diventarle amici e qualcuno chiese anche qualcosa di più. Ma un dubbio era rimasto nella mente della donna: “Chi era quell’uomo che le aveva fischiato? Altre volte era andata in riva al fiume, ma quel fischio non l’aveva più sentito!” Non seppe mai che quel fischio, che le aveva cambiato la vita, era di un merlo maschio innamorato!