Sernia meja

Una frase del grande Pier Giuseppe Baccaro, maestro e musicista, di Roccamandolfi, ma che, avendo vissuto ed avendo lavorato ad Isernia per tantissimi anni, recita così: “Sergn' è nu fuoss' e chiunque c' vè z'affossa” (Isernia è un fosso e chiunque ci viene si affossa), nel senso che ci si innamora di questa cittadina a tal punto che, chi ci viene, non vuole più andarsene.

I membri della mia famiglia hanno sperimentato di persona questa verità, perché, nonostante provenienti dalla Campania, sono rimasti ad Isernia, alcuni “usque ad mortem”. Quali sono i motivi non saprei dirvelo, ma una cosa è certa, fino ad alcuni anni addietro, vivere ad Isernia era magico: anche se oggi la popolazione non è aumentata, anzi è il contrario, prima ci si conosceva tutti, le famiglie si rispettavano e si frequentava molto il corso Garibaldi, che diventava un po' il salotto buono della città, così come Piazza Mercato, dove ci si incontrava, ci si fermava e si parlava del più e del meno. I giovani avevano diversi luoghi di aggregazione, come gli oratori, la FUCI (Federazione universitari cattolici italiani), l'ISPES; mentre i non aggregati si ritrovavano ore ed ore, con le spalle appoggiate al muro di cinta del Liceo Fascitelli, a guardare le ragazze che passavano, che, consapevoli degli sguardi poco pudici e critici, spesso, emozionate, inciampavano. Non parlo poi del sabato e della domenica sera, quando a turno, armati di giradischi si andava da una casa all'altra a ballare, o meglio, a cercare di ballare, perché il ballo più gettonato era il ballo lento, altrimenti detto “della mattonella” e si capisce il perché. Per i personaggi già affermati e più in vista c'era il frequentatissimo Circolo Impiegati e Professionisti. E c'erano, poi, tante attività culturali ed anche manifestazioni politiche, come quelle che videro tutto il popolo unito, perché Isernia diventasse Provincia, manifestazioni che erano importantissime, soprattutto perché si creasse comunione di intenti ed afflato sociale. C'è una poesia del noto poeta e scrittore isernino Sabino D'Acunto, musicata magistralmente dal maestro Baccaro, intitolata: “Sernia meja” (Isernia mia), che riassume, come solo può fare un grande poeta, in pochi versi la bellezza del luogo, la cultura e la nostalgia per il tempo che, inesorabilmente, si passa lontano dai luoghi natii. La poesia, con solo due versi eccezionali, perché si potrebbe descrivere la località con tante notizie geologiche, morfologiche ecc., invece, con solo due versi ci dà la cognizione precisa del posto: “Sernia ze stenne 'ncoppa a na cullina mieze a ddu sciume chiare e rerarieglie,” (Isernia si estende su di una collina delimitata da due fiumi dall'acqua chiara e sorridente). Quello che più mi colpisce è la parola “rerarieglie”, che, chiaramente, è un “neologismo”, termine, cioè, inventato dall'autore, ma soprattutto “onomatopeico”, perché ci fa percepire, il rumore dell'acqua. Quelle tre erre di “rerariegle” ci danno il senso dello scorrere dell'acqua, che quasi sorride, un'altra frase non ci poteva dare la stessa sensazione ed emozione e la poesia continua: “e quire murmurie, la sera e la matina, ru suonne t'accumpagna e ru resveglie” (e quel mormorio, di sera e di mattina, ti accompagna nel sonno ed al risveglio). Capite la diversità da una città rumorosa, da dove tutti scappano, tutti hanno fretta e manca il rispetto per il prossimo! Qua, se stai attento ai rumori magici e misteriosi della natura, potresti percepire anche il rumore piacevole dello scorrere dell'acqua che, sempre, accompagna lo “scorrere” della vita. “O Sernia, Sernia meja: chiagne stu core quande sta luntane te ve' 'na nustalgia de stu paese quande la sera tutte le campane penziere doce e amare te fanne recurdà. O Sernia, Sernia meja: sci come alla carezza de 'na mamma che ne 'nze po' scurdà.” (O Isernia, Isernia mia: piange questo cuore quando sta lontano ti viene una nostalgia di questo paese quando di sera tutte le campane ti riportano alla mente pensieri dolci ed amari. O Isernia, Isernia mia sei come una carezza di una mamma che non potrai mai dimenticare.) Che dire di questo ritornello? C'è il cuore che piange quando stai lontano, ma non ci può essere verso più bello di quello che paragona la nostalgia alla carezza di una mamma. La mamma è tutto e quando viene a mancare è come se parte della tua vita se ne fosse andata via con lei. Forse sbaglio, forse quello che sto per dire è dettato solo dalla mia veneranda età, ma ho la strana sensazione che la Isernia di una volta sia morta, come morte sono le mamme delle donne e degli uomini della mia età. Dove sono i ritrovi dei giovani oggi? Nei bar, nelle pizzerie, con gli smartphone sempre in mano. E' da tempo che non vedo giovani organizzati, a frequentare circoli culturali, a scioperare per ottenere i propri diritti previsti dalla Costituzione, come per il lavoro: sembra che si siano assuefatti alla logica del potere e ripetano “finché la barca va, lasciala andare!” Che tristezza! Io mi sono innamorato e sposato frequentando gli oratori ed i circoli culturali, oggi tu non sai dove sono i tuoi figli, chi frequentano e l'ignoranza galoppa galoppa! “Ru furastiere resta 'ncatenate a stu paese e mmira tutte cose: è propria 'nammurate e ne po' chiure vocca de ste quatrare fresche comm'a rose”. (Il forestiero rimane incatenato a questo paese ed ammira ogni cosa: ed è così innamorato che non può chiudere bocca soprattutto di queste belle ragazze fresche come le rose.) E' proprio vero, la poesia è di tanti anni fa, ma i forestieri che, per caso e solo per caso, vengono ad Isernia rimangono a bocca aperta e soprattutto oggi quando si visita, oltre alle bellezze del luogo, il Museo del Paleolitico. Qualche tempo fa parlavo con esperti del settore e giornalisti, che, venuti a conoscenza che ero di Isernia, mi ricordavano la bellezza del luogo e l'importanza del sito archeologico e mi facevano complimenti indiretti, perché avevano ascoltato le spiegazioni date con competenza e con foga da un dipendente, che dimostrava non solo di conoscere , ma di amare il sito e questo personaggio era Emilio Izzo e mi compiaccio di farne il nome, perché uno di quei personaggi disse che sarebbe voluto ritornare ad Isernia, addirittura, solo per riascoltare le spiegazioni date con tanto amore ed entusiasmo dall'Izzo. Adesso sto per dire una cosa sicuramente stupida: ma non sarebbe bello che il Sindaco, gli assessori ed i consiglieri di Isernia imparassero questa canzone e la cantassero prima di prendere decisioni importanti per la città, quasi a darsi un training autogeno per il bene del popolo isernino, così come fanno i nostri sportivi, che prima di un incontro, cantano l'Inno d'Italia per darsi più forza e coraggio e, addirittura, di dare tutto, anche di morire per la Patria; diceva il poeta latino Orazio: “Dulce et decorum est pro patria mori” (E' dolce e dignitoso morire per la patria). Così dovrebbe essere anche per i nostri politici isernini se rivogliono dare una scossa e, soprattutto, una dignità ad una città, che, per colpa anche loro, la sta perdendo definitivamente. In queste ore, Corso Garibaldi è piena di luminarie che ci ricordano che il Natale è vicino, ma la novità è data dalla luminaria che a intervalli ci propone proprio la canzone Sernia Meja, questa è stata la sorpresa e il regalo che l’Amministrazione ha voluto fare agli isernini. Veramente una bella sorpresa, ma la mia amica Olimpia, questa mattina, ha voluto dirmi che a lei quella scritta suscita malinconia e avvilimento, perché se è vero che tutte le città espongono luminarie con scritte di canzoni che ricordino sia le caratteristiche proprie delle stesse città o fanno omaggio a cantanti che hanno voluto immortalare le loro località native, così come Bologna illuminata dalla canzone “Piazza Gande” del grande Lucio Dalla. Ma queste città sono animate da tanta gente, che passeggia, che compra, che gioisce! Isernia è vuota, è morta e quella luminaria fa bella mostra di sé ma omaggiata solo da poche auto che passano. Dov’è la popolazione, perché il Corso è vuoto, perché i negozi sono chiusi, perché non lasciano almeno le vetrine accese, per rendere il marciapiede praticabile? Oggi, una mia amica mi ha presentato la giovane figliola e io le ho chiesto che cosa facesse e lei mi ha detto che era un ingegnere aeronautico e che lavorava a Torino, se avessi interrogato tanti altri giovani avrei sentito forse risposte simili. Ecco dove sta andando Isernia nelle località che offrono lavoro e anche all’estero…la nuova emigrazione! Nel 2019 sono arrivati con imbarcazioni di fortuna circa mille clandestini, ma sono andati via dall’Italia ventiquattromila giovani laureati, quale è la realtà, quali le priorità da affrontare? Io mi aspetto, così come tutti i veri isernini, che gli Amministratori, al di là di tutti i problemi che affliggono la città, tengano sedute monotematiche che affrontino il problema prioritario di dare ossigeno alla città con il riportare servizi che diano possibilità di occupazione. Ricordino i nostri giovani Amministratori che siamo circondati da Regioni che scoppiano demograficamente, basterebbe una equa distribuzione dei servizi e si riuscirebbe anche a dare più vivibilità a territori privi di spazi civili. Voglio solo ricordare che tutto si può ottenere, ma baipassando in questo periodo l’autorità regionale, a mio parere estremamente incompetente, e rivolgersi direttamente all’autorità governativa. E, se non si ottengono risposte, rimettere fascia tricolore e autorità nelle mani del Governo! Povera Sernia, Sernia meja!